Se c’è un oggetto che ha segnato l’immaginario collettivo delle estati italiane, quella è la sedia Monoblocco. Bianca, in plastica, economica, onnipresente. Un pezzo di design spartano che, senza volerlo, è diventato simbolo universale della convivialità all’aperto: dalle spiagge agli stabilimenti balneari, dai cortili delle case al mare alle sagre di paese.
Oggi, la Monoblocco torna sotto i riflettori grazie alla copertina dell’ultimo album di Bad Bunny, che ha scelto proprio questa sedia come oggetto-icona dei suoi ricordi d’infanzia. Ma dietro al suo fascino popolare si nasconde anche una riflessione più ampia, che riguarda non solo la storia del design, ma anche la sua sostenibilità nel presente.
Il nuovo disco di Bad Bunny, Debì Tirar Màs Fotos, via Instagram @badbunnypr
Origini di un’icona globale
Nonostante il grande successo negli anni ’70, le radici della sedia Monoblocco risalgono al 1946, quando il designer canadese Douglas Colborne Simpson concepì una sedia in plastica stampata in un unico pezzo. L’idea era visionaria, ma i tempi non erano ancora maturi: la tecnologia di produzione di massa non era pronta e l’estetica appariva troppo futuristica.
Fu solo negli anni ’70, nel pieno della rivoluzione della plastica, che la Monoblocco prese realmente forma. A renderla celebre fu il designer francese Henry Massonnet, con la sua “Fauteuil 300” del 1972. Una sedia leggera, resistente alle intemperie, comoda, impilabile e – soprattutto – a basso costo. Perfetta per diventare l’arredo universale.
Henry Massonnet, Fauteuil 300, via Pamono
Da lì la sua diffusione fu capillare: in Italia e nel mondo. Dalle piazzette alle spiagge, dai bar ai giardini, fino ai mercati dell’America Latina o dell’India.
La Monoblocco è entrata nel linguaggio visivo di intere generazioni, diventando la sedia più venduta al mondo.
Monoblocco: dal simbolo pop al problema ecologico
La sua forza è stata anche la sua debolezza. Prodotta in miliardi di esemplari, la Monoblocco ha contribuito alla diffusione della plastica monouso e alla percezione dell’arredo come oggetto usa e getta.
Se negli anni ’70 rappresentava una rivoluzione democratica del design, oggi racconta un’altra storia: quella dell’impatto ambientale della plastica. Non è riciclabile in modo efficiente, si degrada lentamente e diventa parte del problema globale dell’inquinamento.
La posizione di TaniniHome
Nei canali social di TaniniHome abbiamo spesso ironizzato sulla Monoblocco, demonizzandone l’utilizzo. Non per negarne il valore storico o l’importanza nel design, ma perché crediamo che oggi sia fondamentale avere consapevolezza degli oggetti che ci circondano.
Conoscere la storia della Monoblocco significa riconoscerne il ruolo rivoluzionario, ma anche prendere coscienza del fatto che non è più sostenibile. Il design contemporaneo deve andare oltre, scegliendo materiali innovativi, processi produttivi responsabili e soluzioni che coniughino estetica, comfort e rispetto per l’ambiente.
Dal passato al futuro: il vero design è quello che dura
La Monoblocco ci insegna che il design più riuscito è quello capace di parlare a tutti. Ma ci insegna anche che i tempi cambiano, e con essi le priorità.
Oggi il design che conta non è quello che si diffonde ovunque a basso costo, ma quello che sa resistere nel tempo, diventare eredità e non rifiuto. Investire in pezzi di qualità, progettati per durare, significa fare una scelta consapevole non solo per sé stessi, ma anche per il pianeta.